Oggi voglio raccontarvi una storia. È una storia di amore, tanto amore, ma anche dolore.
Penso che tutti da piccoli abbiamo desiderato di avere un animale. Quel momento arrivò anche per me. Sì, avevamo già Luna ma lei era diffidente, aveva paura di tutto e non era molto di compagnia. Desideravo un’altra gatta, forse sarebbe stato più facile accarezzarla e prenderla in braccio.
Ma non avrei mai pensato che poi avrei amato così tanto.
Nel 2005 mi hanno portata al gattile, si stava avverando. Abbiamo scelto una gattina di pochi mesi, tutta tigrata sui colori del marrone. Avevo gli occhi a cuore, ero felicissima. Ci ho messo giorni per trovarle un nome, volevo qualcosa di diverso ma pensavo solo a nomi troppo complicati. Poi alla fine sono finita un po’ sul banale: Tigre.
Tigre aveva pochi mesi e io 9 anni. Quando se n’è andata lei aveva 15 anni e io 25. Siamo cresciute insieme, legate da un filo rosso invisibile. Crescere insieme ad un animale è un regalo bellissimo. Hai l’opportunità di prenderti cura fin da subito di un altro essere vivente e anche se non si parla la stessa lingua, ci si capisce facilmente. È una cosa straordinaria.
Tigre ha rappresentato per me tante cose: salvezza, amore, cura, amicizia, dolcezza, presenza costante. Ho sempre pensato che fosse la mia metà, e lo penso ancora. Ci completavamo a vicenda. Abbiamo vissuto una vita intera insieme, fianco a fianco, e quante ne abbiamo passate.
Sarò sincera, mi viene difficile raccontare davvero il nostro rapporto. E forse mi vergogno anche un po’: l’amore per gli animali e il dolore della loro perdita è come un grosso tabù, una cosa che va più o meno nascosta, almeno non ostentata troppo. In fondo, “sono solo animali”.
Ma chi ha avuto l’opportunità di avere al suo fianco un animale sa che non è così. Solo perché si tratta di un animale non vuol dire che vale meno. Anche loro provano amore, paura, tristezza e riescono a capire noi esseri umani, intuiscono tante cose.
Nel 2009 abbiamo adottato un altro gatto e dal momento che era l’ultimo arrivato, ho iniziato, purtroppo, a trascurare Tigre. Mi sono resa conto col passare del tempo che lei era diventata più magra, mangiava meno. Questa trascuratezza le stava facendo male. Allora mi ero promessa che avrei ri-iniziato a passare del tempo con lei e piano piano Tigre ha ripreso a mangiare di più. Da allora non l’ho più mollata e il nostro legame è diventato ancora più forte.
Tigre se n’è andata il 26 agosto 2021, sono passati 7 mesi e quando penso che non c’è più è come se il cervello mi si disintegrasse in milioni di pezzi. È impossibile.
Eppure è reale.
I primi tempi l’appartamento, soprattutto la mia stanza, era vuoto e freddo. Stava praticamente sempre in camera mia, dormivamo insieme. In un angolo della stanza c’è un puff che avevo messo proprio per lei, ed è ancora lì. Dormiva spesso acciambellata sul mio letto e ora il suo posto è preso da un cuscino con una sua foto. Sulla parete della mia stanza ci sono due quadri che mi ricordano che lei non è più viva.
Resta viva solo nella mia testa, nei video e nelle foto.
Non trovo ancora le parole per spiegare cosa significa lasciare andare un animale, e probabilmente non le troverò mai. So che è stata la scelta giusta, stava solo soffrendo – i suoi miagolii disperati riecheggiano ancora nella mia testa – ma una parte di me si sente in colpa.
Poi sì, con quel vuoto e con quel dolore ci convivi. Non passa, semplicemente ti abitui a non vederla più per casa, a non averla accanto, non poterla prendere in braccio. Onestamente mi fa vomitare l’idea che ci si abitui a tutto questo, ma è così che funzioniamo. D’altronde se non fosse così, non riusciremmo più ad andare avanti con la nostra vita. Quindi mi ripeto che è normale e che non vuol dire che la sto dimenticando.
Però anche se è morta, la sento ovunque. Una sera che sentivo tanto la sua mancanza, stavo scrollando Tik Tok e mi capitò il video di una ragazza che vende gioielli e pietre. Sono andata sul suo shop pensando proprio “forse trovo qualcosa che mi ricorda lei” ed eccola lì: la pietra occhio di tigre. Ora, non tutti ci crederanno ma io so che è stato un segnale enorme da parte sua, che anche se non la vedo è sempre con me. E so che il nostro legame continua ad esistere, non svanisce così nel nulla.
Cambia solo forma, ma non va da nessuna parte.
Dicono anche che si soffre, si sta male per la perdita, perché si ha amato. So che è così, ma a volte un bel vaffanculo vorrei urlarlo comunque.
E alla fine? Alla fine le sono stata accanto. Potevo fare diversamente? No, non era possibile. Doveva andare così. L’ho vista spegnersi davanti ai miei occhi. Ma con me accanto era più tranquilla.
L’ho imboccata, così ha mangiato un pochino: l’ultimo pasto. È uscita sul balcone, a sentire il sole un’ultima volta. L’ho tenuta in braccio, accarezzata tanto, le ho parlato e cantato canzoni.
Quando poi l’ho tirata fuori dal trasportino era immobile, non si muoveva. Ma in sala d’attesa c’è stato un momento in cui ha alzato il muso e miagolato. Sono convinta che sapesse. Cosa le aspettava, cosa stava per accadere. Mi ha salutata, credo. O ringraziata, o è stato un suo modo per dirmi “ti voglio bene”. Mi sento in colpa? Sì, ma stava solo soffrendo.
Vorrei che non fosse finita così. Mi chiedo perché almeno loro non possano essere immortali. Non si può, lo so, tutto ha una fine.
Mi sono tatuata il suo nome sul polso, non poteva essere diversamente.
Fino alla fine (e per sempre).
“and in the morning when i’m waking up / i swear that you’re the first thing that i’m thinking of / i feel it in my body, know it in my mind / i’m gonna love you for a long time, i’m gonna love you for a long time, i’m gonna love you for a long time”
– Love you for a long time, Maggie Rogers