Epiphany – a sudden spiritual manifestation, whether from some object, scene, event, or memorable phase of the mind – the manifestation being out of proportion to the significance or strictly logical relevance of whatever produces it.
Ci sono pochi eventi che durante la vita di un individuo rimangono così impressi da segnarlo profondamente. Quando questi lo fanno, di solito si tratta di avvenimenti chiave (positivi o negativi che siano) nella sua crescita. Di certo non momenti secondari, di minimo conto o di basso interesse come l’argomento di una lezione scolastica. Il caso vuole che la storia qui descritta inizi proprio da qui, circa quindici anni fa, con un’epifania.
Primo passo verso l’Irlanda: draíocht (incanto)
Il protagonista è un dodicenne, che guarda con curiosità ciò che lo circonda ma che non ha grandi interessi o passioni. La scuola è un obbligo, poche sono le materie veramente stimolanti, e a dirla tutta al fresco adolescente neanche piacciono più di tanto le medie. Una situazione che probabilmente accomuna molti. La differenza sta nel fatto che qualcosa si iniziava a muovere, senza però trovare riscontro in chi avrebbe dovuto agevolare quel processo, l’insegnante.
Difficoltà a parte, il desiderio di sapere non conosce ostacoli. Quel giorno la lezione, di inglese e più precisamente di civiltà anglosassone, prevedeva la scoperta – attraverso la lettura in lingua – dell’Irlanda. Un Paese certamente meno di rilievo nell’immaginario di un piccolo teenager rispetto ai ben più mitizzati Stati Uniti o Regno Unito.
In una mattinata soporifera, l’apertura del libro sulla pagina del testo in questione rivela un panorama di immagini mozzafiato. Lo stupore prende il sopravvento alla vista dei verdi paesaggi irlandesi: le Cliffs of Moher dominano l’intera prima pagina, tra disegni di folletti e pecorelle, sulla seguente il Giant’s Causeway (in Irlanda del Nord) aggiunge ancora più magia. Visioni statiche che accendono un’inspiegabile scintilla. Un tumulto di emozioni guidate dalla curiosità.
Qualche fotografia e dei testi su luoghi sconosciuti: sembra ben poco per provocare tutto ciò, eppure è bastato per far sognare qualcuno ad occhi aperti. Quel bambino che galvanizzato tornò a casa e aprì l’atlante per scovare sulla mappa la posizione dell’Irlanda e dei suoi luoghi. Quel bambino ero io.
Questa fugace epifania, pur restando un momento di slancio verso l’ignoto, non fu altro che un lampo nella mente di un acerbo adolescente. Al tempo avevo tante cose su cui fantasticare e ben poca consapevolezza di cosa fosse un’epifania, ma soprattutto di quanto profondamente possa segnarti.
Aisling (sogno)
Dopo quell’episodio, l’Irlanda restò solo un vaneggiamento giovanile per diverso tempo. Una chimera recondita nei meandri della mia mente, surclassata da ben altre fantasie che accendevano il mio fuoco.
Ci fu però un ulteriore incontro che ravvivò il desiderio e ridiede vita a quell’ingenuo ragazzino che ancora sognava quei paesaggi. Avevo diciott’anni, fu un incontro diverso, meno disinteressato, sempre tra le pagine di un libro, attraverso la penna di James Joyce. Ancora una volta fu un’insegnante, questa volta la migliore che si possa incontrare, a innescare la scintilla attraverso le sue lezioni di letteratura (inglese, ovviamente).
La scoperta dell’epifania e del poeta del flusso di coscienza, un modello in cui rispecchiarsi. Tra le parole di Joyce, tra le pagine del suo Dubliners.
Piccoli momenti, di meraviglia, di crescita. Insignificanti, banali, eppure così importanti.
Alla fine, quasi dieci anni dopo quest’ultimo incontro fondamentale, ho visitato l’Irlanda. Sono partito da Cork, nel sud. Ho attraversato Limerick per arrivare in bus a Galway, a ovest. Con l’auto ho visto l’Isola dello Smeraldo più genuina, quella delle piccole città e dei villaggi. Kinvara, Lisdoonvarna, Doolin, Liscannor, per giungere finalmente alle Cliffs of Moher e respirare quell’aria che da quindici anni il mio cuore desiderava. Ho tagliato a metà l’intera isola, in treno, per approdare a Dublino. Ho ripercorso i passi di Joyce, ho vissuto il verde sconfinato della natura irlandese.
Ho dato onore a me stesso, ho reso fiero quel bambino che ancora vive in me.