L’ultima settimana politica prima della pausa estiva è monopolizzata da due fatti politici di primo piano: l’inizio del semestre bianco del Presidente della Repubblica e il passaggio della riforma della giustizia alla Camera.
Si avvicina l’elezione del prossimo Presidente della Repubblica che non sarà né Mattarella né Draghi
La politica italiana assapora le vacanze estive proprio nella settimana in cui è iniziato il semestre bianco di Sergio Mattarella. Dal 3 agosto infatti il Presidente della Repubblica ha perso la facoltà di sciogliere le Camere, limite che scatta a sei mesi dall’elezione del Capo dello Stato.
Questo semestre bianco preoccupa molti perché da un lato si teme che, al riparo da possibili elezioni, le forze politiche inizino a cannoneggiare il governo; contemporaneamente c’è assoluta incertezza sui nomi papabili per il prossimo Presidente della Repubblica.
Con un po’ di presunzione e un po’ di sfrontatezza voglio dissentire dalla previsione più quotata: Mario Draghi non sarà il prossimo Capo dello Stato. Un azzardo assoluto che tuttavia vi invito a segnarvi su un foglietto e nasconderlo da qualche parte.
In realtà ci sono diversi elementi che fanno prevedere come Mario Draghi non diventerà Presidente della Repubblica nel febbraio prossimo. Proviamo a metterli in fila.
La maggioranza che sostiene l’attuale governo può essere tenuta insieme solo da Mario Draghi. Non esiste un’altra personalità in grado di sostituirlo tenendo fermi gli assetti politici. A questo primo elemento ne va aggiunto un altro, ovvero: da qui a due anni dovranno partire tutti i progetti legati al Recovery Fund. L’unico che in questo momento può garantire che questo accada è Mario Draghi a Palazzo Chigi.
Il terzo elemento che mi fa essere certo che Draghi non sarà il prossimo Presidente della Repubblica è la procedura. Infatti sarebbe la prima volta nella storia della Repubblica che un presidente del consigli viene eletto successore del Presidente della Repubblica che lo ha nominato. Perché questo avvenga Mario Draghi dovrebbe rassegnare le dimissioni almeno nel prossimo novembre. Così metterebbe nelle condizioni Mattarella di formare un governo prima del 3 febbraio 2022 concedendo a Mario Draghi un periodo di assenza dalla vita politica prima di entrare al Quirinale.
Uno scenario certamente molto suggestivo ma assai poco probabile. Come poco plausibile è la rielezione di Sergio Mattarella che si è già espresso più volte negativamente su questa eventualità.
E c’è un motivo ben preciso per cui Sergio Mattarella pensa che sette anni siano sufficienti. Il suo settennato è stato alla ricerca della discontinuità con Giorgio Napolitano: sia rifiutando un certo interventismo, sia volendo ripristinare la buona prassi di un solo mandato per il Presidente della Repubblica.
A meno di non continuare a non prendere sul serio la posizione del Presidente della Repubblica, la politica dovrà impegnarsi nel trovare un nome diverso da quelli di Sergio Mattarella e Mario Draghi.
Riforma della giustizia: Giuseppe Conte ha già perso una stella
Oltre all’inizio del semestre bianco per il Presidente della Repubblica, in questa settimana politica è passata alla Camera la riforma della giustizia: il primo vero provvedimento del governo Draghi che ha visto confrontarsi le forze politiche della maggioranza.
Questa riforma della giustizia è stata anche il banco di prova per Giuseppe Conte come capo politico in pectore del Movimento Cinque Stelle. Ma a giudicare dal risultato Conte dovrà affinare le sue tecniche di incisività perché la riforma Cartabria va contro all’idea di giustizia dei Cinque Stelle.
A meno che Giuseppe Conte non abbia deciso di cambiare rotta anche sulla giustizia, la riduzione dei tempi per la prescrizione e l’introduzione dell’improcedibilità sono concessioni pesanti per il Movimento Cinque Stelle. Per non parlare poi dell’assenza dei reati ambientali nell’elenco dei crimini per cui non scatta l’improcedibilità.
In una volta sola Conte ha fatto fuori due stelle su cinque. Gliene rimangono tre come le vite in “Crash”
Così si apre la stagione estiva della politica italiana con il tradizionale rinvio a settembre di tutti i provvedimenti. E anch’io, pur mantenendo un’occhio sul Papete e l’altro su Rignano sull’Arno – località dove una crisi di governo si fa fra un mojito e un cantuccio- vi do appuntamento a settembre per seguire insieme la politica italiana. Mi ritrovate qua.