Visto il dibattito acceso sul DDL Zan, il primo incontro fra Conte e Draghi, e il green pass la politica non sembra dover chiudere i battenti per la pausa estiva.
Conte incontra Draghi: la riforma della giustizia non convince i Cinque Stelle
Dopo la cerimonia della campanella non si erano più visti; si sono incontrati per la prima volta all’inizio di questa settimana Mario Draghi e Giuseppe Conte per discutere di giustizia, un tema su cui i Cinque Stelle vogliono avere voce in capitolo. Per Conte è stato il primo appuntamento istituzionale dopo il chiarimento con Grillo dal quale è uscito leader in pectore del nuovo Movimento Cinque Stelle.
Il colloquio sembra essere andato bene ma, leggendo fra le righe delle tiepide dichiarazioni rilasciate dai due protagonisti, le divergenze in materia giustizia rimangono. E che tema: una materia centrale per il Movimento Cinque Stelle, su cui è nato e che per questo non può stare a guardare.
L’oggetto del contendere è la cosiddetta riforma Cartabria: il DDL che modifica il processo penale recependo le indicazioni dell’Unione Europea. Una riforma per niente banale dalla quale dipende l’erogazione del Recovery Fund. Un aspetto assai delicato su cui Draghi vorrebbe correre spedito per dimostrare affidabilità alla Commissione europea.
A preoccupare i Cinque Stelle però è l’eccessiva concentrazione sulla riduzione del tempo dei processi -tema molto caldeggiato dsll’Europa- a scapito della punibilità dei colpevoli. L’introduzione dell’improcedibilità, che scatterebbe dopo un determinato tempo facendo decadere il procedimento, sta facendo sobbalzare i parlamentari Cinque Stelle che vogliono eliminarla dal testo.
E le parole di Conte all’uscita da Palazzo Chigi rimarcano questa volontà seppur con toni più moderati rispetto a quelli usati da alcuni parlamentari.
Se c’è una battaglia identitaria del Movimento Cinque Stelle questa è proprio la giustizia. Un’azione per tentare di modificare la riforma, che qualcuno ha già definito “schiforma” Conte la dovrà improntare; non sarebbe digerito un annacquamento anche della posizione sulla giustizia.
Green pass o non green pas. La politica divisa nel momento della ripartenza
Nei giorni in cui la ripartenza incontra un rialzo dei contagi tiene banco il green pass. Entro questa settimana il governo deve prendere una decisone su come utilizzare il certificato rilasciato dopo la seconda dose di vaccino.
Oltralpe la Francia è stata rigidissima: green pass anche per entrare al centro commerciale. Un modo -ha dichiarato Emanuel Macron- per incentivare la vaccinazione.
In Italia, seppure non sia neppure in esame una declinazione del green pass così rigida, Lega e Fratelli d’Italia hanno commentato aspramente la scelta francese annunciando la loro contrarietà all’utilizzo del green pass.
Dell’idea opposta PD, Cinque Stelle e Italia Viva secondo cui alcuni limiti ai non vaccinati bisogna porli. A scaldare ulteriormente il dibattito ci ha pensato Confindustria proponendo la sospensione dello stipendio ai lavoratori che non si vaccinano.
Un tema quello del green pass molto sensibile, da maneggiare con delicatezza non dimenticandosi contro cosa va utilizzato. La lotta è sempre contro il virus, non a categorie sociali benché con teorie a volte palesemente fallaci.
È il problema della politicizzazione che fa perdere di vista il contesto accendendo dinamiche antitetiche. Su un tema come il Covid- 19 invece premia la razionalità e lo studio dei dati.
Anche a pochi giorni dalla pausa parlamentare il dibattito è più che mai acceso. L’incontro fra Conte e Draghi celebrato a due settimane dall’inizio di agosto dà la cifra del momento politico. Mentre però sulla riforma Cartabria la politica è opportuno faccia il suo mestiere, sul green pass non sarebbe sbagliato affidarsi agli esperti. Pieni di contraddizioni anch’essi ma in grado di leggere i dati.