“Mentre era ancora lontano, il padre lo vide e ne ebbe compassione. Gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò” (Lc 15, 20). Difficile trovare parole che descrivano con maggiore pregnanza l’emozione e la concitazione che contrassegnano la comparsa di un Caravaggio inedito sul mercato dell’arte. E sovente una delle migliori occasioni offerte agli stati nazionali per provare la propria capacità di reazione nella difesa del patrimonio artistico e delle collezioni d’arte. In questo caso si può ben dire che, per ora, il risultato è stato pienamente raggiunto. Il quadro infatti, presente da diversi secoli in territorio spagnolo, è stato vincolato e non potrà, quindi, uscire dai confini nazionali. Trattenuto il “giocattolo”, ora ciò che si profila all’orizzonte è una delicata fase di studi necessaria alla sua corretta attribuzione. Trattandosi di un potenziale Caravaggio, infatti, è naturale che la critica non abbia tardato a spaccarsi sui giudizi.
È un Caravaggio?
La dissertazione sul quadro comincia addirittura dal tema iconografico rappresentato. “La Coronación de Espinas” sembra, infatti, essere piuttosto un “Ecce Homo”, ovvero una raffigurazione del momento in cui Pilato presenta il Cristo alla folla. Ed effettivamente esistono documenti che certificano l’esistenza di un quadro di Caravaggio che riproduceva un tale tema iconografico. Le testimonianze, inoltre, sono del 1605 e questa datazione si incontrerebbe bene con le caratteristiche stilistiche riscontrabili nel dipinto. Un esempio particolarmente iconico è il drappo rosso, spesso utilizzato dal pittore nelle opere di questo periodo (come nel caso del San Girolamo della Galleria Borghese o della Morte della Vergine del Louvre). Inoltre il modello di sinistra, che interpreta Pilato, somiglia molto al San Pietro martire che Caravaggio dipinge nella sua Madonna del Rosario del Kunsthistoriches di Vienna. Dunque, ecco presenti sulla tela dell’Ecce Homo alcuni importanti marchi di fabbrica della produzione pittorica caravaggesca: i suoi “attrezzi di scena” e i sui modelli. Certo, lo stato attuale di conservazione del dipinto impedisce un’adeguata valutazione della sua qualità pittorica. Ma a giudicare dalle foto, l’impatto visivo è comunque molto forte. I radicali contrasti di luce e ombre e la potente drammaticità delle figure stimolano la sensibilità di tanti. È, dunque, irrefutabile il desiderio di riconoscervi un autografo del pittore lombardo. Ed in questo senso si sono, infatti, espressi già diversi autorevoli esperti. Tuttavia, come già detto in precedenza, è ancora presto per una sua certa attribuzione e si attendono con ansia studi approfonditi.
L’attesa del mercato
Terzo incomodo (ma neanche poi tanto) di questa vicenda è il mercato dell’arte: ogni volta che si profila la possibilità di un ritrovamento dell’opera del celebre maestro, si accendono i riflettori della comunità internazionale. È molto probabile, quasi certo, infatti, che in questo momento i proprietari del quadro si stiano sfregando le mani. La possibilità che il loro bene subisca una gigantesca rimodulazione del prezzo è, ad oggi, piuttosto concreta. Con la precedente attribuzione al “Círculo de José Ribera” la stima della casa d’asta Ansorena di Madrid si aggirava appena intorno ai 1500 euro. Se, invece, il dipinto dovesse rivelarsi un autografo del Merisi, il suo valore potrebbe superare i 100 milioni. Chissà, magari la vicenda si svilupperà come nel caso del recente Caravaggio(?) di Tolosa. Quella Giuditta che decapita Oloferne era stata identificata da Eric Tarquin in una seconda versione del capolavoro alla Galleria Nazionale d’Arte Antica a Roma. Lo Stato francese aveva, allora, bloccato l’opera tramite una procedura che prevedeva la sua permanenza sul territorio per 30 mesi. Un tempo necessario allo studio del quadro e alla valutazione di un suo possibile acquisto. Nel dicembre 2018, tuttavia, lo Stato francese aveva rinunciato al proprio diritto di prelazione a causa dell’attribuzione incerta. Diversi critici credevano, infatti, potesse essere di Louis Finson. A quel punto il dipinto tornò disponibile sul mercato e la casa d’asta Labarbe cercò di offrirlo in una vendita all’incanto con una stima compresa tra 100 e 150 milioni di euro. Purtroppo, l’opera non ci arrivò mai a quell’asta. Un acquirente anonimo la comprò qualche giorno prima, togliendo a molti il gusto della gara al rialzo.
Tornando al nostro potenziale Caravaggio, intanto, non resta che attendere.