Chi vince? WILDCATS!
30 settembre 2006. Dopo mesi e mesi di bombardamento pubblicitario tra una puntata di That’s So Raven e Zac e Cody al Grand Hotel, va in onda su Disney Channel l’attesissimo High School Musical. Magari qualche bambino super fortunato avrà girato i canali capitando per caso sulla scena di Troy (un giovanissimo Zac Efron che di lì a un mese avrebbe compiuto appena 17 anni: oggi ne festeggia 33!) e Gabriella che cantano timidi a capodanno. O magari, qualche altro bambino che si accontentava ancora dell’abbonamento a Cartoon Network venne invitato a guardare il film.
Chi vi scrive faceva parte di quest’ultima schiera: avevo dieci anni e fui letteralmente trascinata dalle mie amichette del cuore, sbuffante e annoiata, senza la benché minima voglia di guardare quella stupidaggine da femminucce.
18 ottobre 2020, ho 24 anni, la colonna sonora dei film in cima alle mie playlist di Spotify e piango ancora come quando mi commossi quel pomeriggio di quattordici anni fa.
Il fenomeno HSM
E non credo di essere (stata) l’unica: la saga di High School Musical ha segnato preadolescenza e pubertà di tantissimi millennials, provocando ciò che possiamo definire, senza tanti indugi, un vero e proprio fenomeno culturale. Ancora oggi, i social network impazziscono di video caricature delle scene più famose del film, interpretate da chi era bambino all’epoca; la stessa Disney, nell’occasione del lancio della recente piattaforma Disney+, ha girato una serie tv omaggio al celebre musical di sua produzione (High School Musical: The Musical). E il fandom è ancora unito come nel 2006, quando i modi per condividere la propria passione e ossessione fuori confine si limitavano a Netlog e a Msn. Ma cosa ancora più importante, che passa spesso inosservata – dato che si tende erroneamente ad archiviare il film come intrattenimento per ragazzini di scarsa qualità -, è il forte impulso dato all’accostamento del mondo del piccolo schermo alla cultura del musical, saldamente ancorata a Grease e a Broadway all’inizio degli anni Duemila.
Al di là dello scombussolamento ormonale (studi assolutamente non accreditati confermano che il 99,9 % dei nati tra il 1994 e il 1999 abbiano avuto poster di Zac Efron e Vanessa Hudgens attaccati nell’anta dell’armadio e sulla spalliera del letto, a mo’ di santini) e della concezione di cultura pop, High School Musical ha davvero molto di cui parlare e, a dispetto di tutto e tutti, continua ad essere radicato nella cultura di massa. Proviamo a capire insieme perché ripercorrendo aneddoti e curiosità sulla saga della East High.
In ricordo di Grease
Quando High School Musical esordì con il primo film nel 2006, la reazione fu positiva anche da parte degli adulti, soprattutto di quella generazione più recente cresciuta a suon di Happy Days e Grease. I richiami con il famoso musical del 1971 sono più che evidenti, sia nello svolgersi della storia che nella caratterizzazione dei personaggi. Per il regista Kenny Ortega, di certo non si è trattato solo di una fonte di riferimento: circolano numerose teorie intorno alla produzione del primo film, da cui la stessa Disney non si sarebbe mai aspettata un tale successo.
Tra le voci di corridoio, si parla di una prima versione della sceneggiatura di High School Musical risalente al 1999, proprio con il titolo di Grease 3. L’idea del regista era di riportare in auge la storia di Danny Zuko e Sandy con un sequel incentrato sui figli della coppia. Anche quando si decise di abbandonare l’esplicito riferimento a Grease e di lavorare sui ragazzi della East High School, il titolo non doveva essere assolutamente quello che conosciamo oggi: High School Musical era un titolo provvisorio che doveva ricordare a staff ed attori di cosa trattava la sceneggiatura.
Alla fine, però, suonava talmente bene che si decise di non cambiarlo. Deo Gratias.
“Senza Ortega non avremmo avuto LaLaLand”
A differenza di ciò che si crede, High School Musical è una trilogia girata e diretta in modo perfetto: coreografie di altissima qualità, costumi adeguati e ricercati e colonne sonore originali, orecchiabili ed apprezzabili da tutti.
Chi devono ringraziare i fan sfegatati della saga per avergli dato dei momenti così belli? Ovviamente Kenny Ortega, la mente e il braccio di tutta la trilogia, che ha saputo non solo realizzare tre colonne sonore pazzesche, ma è anche riuscito a creare una continuità e a donare una conclusione alla storia senza mai nessun intoppo. Soprattutto con il terzo film della saga (High School Musical 3: Senior Year), poiché l’unico destinato alla distribuzione cinematografica e quindi con caratteristiche molto diverse rispetto ai primi due destinati al piccolo schermo.
Per gli amatori, Kenny Ortega è un po’ un santone. Direttore e coreografo dagli anni Ottanta, prima di approdare alla Disney ha coreografato Cher, Madonna (nel video Material Girl) e Michael Jackson, per cui ha diretto anche This Is It. Con il successo globale di HSM, non poteva non essergli conferita una stella sulla Walk of Fame di Hollywood e essere nominato Disney Legend.
A ragion veduta, perciò, il regista della serie omaggio del 2020, Tim Fenderle, si è espresso in favore del collega ritenendolo colui che ha posto le basi ai successivi musical dedicati alla grande distribuzione: Glee, The Greatest Showman e addirittura Lalaland. Fenderle ha oltretutto riconosciuto che la generazione a cui si rivolge attualmente la sua serie non potrà essere segnata dai protagonisti come lo sono stati i millennials da Zac Efron e Vanessa Hudgens. Ben detto: cerchiamo di dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio….
Bet On It potrebbe essere una canzone di Justin Timberlake
La scena di Troy Bolton che si dispera sulle verdissime colline del Country Club, ancora una volta indeciso su che piega debba prendere la propria vita: in una parola, iconic. La recitazione di Zac Efron in questa sequenza in particolare offre ancora oggi importanti basi per meme, ma la canzone è davvero una delle più belle di tutta la trilogia.
Chi non è d’accordo, è solo un bastian contrario: le influenze dei ritmi dei primi anni Duemila sono fortissime, e se non la si conoscesse, a primo ascolto Bet On It potrebbe sembrare tranquillamente una canzone di Justin Timberlake. A maggior ragione che nella sceneggiatura del 1999 i protagonisti figli di Danny e Sandy sarebbero dovuti essere interpretati proprio da Justin Timberlake e Britney Spears. Addirittura Christina Aguilera avrebbe dovuto vestire i panni di Sharpay Evans.
Probabilmente i livelli di epicità di un film con un tale cast sarebbero stati anche maggiori. Ma forse non avremmo sentito così vicini Troy, Gabriella, Sharpay, Ryan & Co., e non ci sarebbero entrati così tanto nel cuore.
Questione lgbtq+: Ryan Evans è gay
Ce lo siamo domandati tutti, e la risposta è sì: Ryan Evans è stato scritturato come personaggio omosessuale. Scelta perspicace e di fortuna, se si considera che nel 2006 si era ancora molto restii a presentare questi temi in maniera naturale, soprattutto ai più piccoli.
Fu proprio Ortega, dichiaratamente omosessuale, a rispondere ai dubbi dell’attore Lucas Grabeel: il personaggio di Ryan doveva rappresentare una sorta di suo alter ego ai tempi del liceo. Grabeel si è calato perfettamente nei suoi panni, tanto da rendere Ryan Evans uno dei personaggi più amati della saga, essendo anche uno tra gli attori più talentuosi (Tre parole: I Don’t Dance. Non serve dire altro.)
In High School Musical 3: Senior Year, Lucas Grabeel chiese di poter far fare coming out al suo personaggio, ma la Disney bloccò la sua richiesta.
Rompere lo Status Quo
Ripetiamo insieme: High School Musical non è un film infantile. La trilogia non è solo la storia d’amore tra il divo della scuola e la secchiona appena arrivata, è un mix di situazioni che parlano dritto alla fase di passaggio dall’adolescenza alla vita adulta che tutti si trovano ad attraversare, senza mai scadere nel banale.
Diciamolo, la storia d’amore faceva quasi da sfondo; è come se fosse il motivo che ci spingeva a vedere il film, che invece ci parlava di tante altre questioni. Pregiudizi e Body Positivity, passioni contrastanti, l’incomprensione degli adulti, l’amicizia.
Esiste un momento del primo film che racchiude tutto questo: Stick To The Status Quo, altra scena iconica, con la coreografia mozzafiato ambientata nella mensa della scuola. Qui tutti fanno una confessione al proprio gruppetto a cui appartengono (i gruppetti suddivisi per “tipologia di essere umano” tipici dell’epoca adolescenziale), in seguito allo sgomento nell’apprendere che al capitano della squadra di Basket piace fare cose ridicole come cantare al musical della scuola. Martha, una “secchiona” bella in carne, sconvolge i suoi amici confessando che adora ballare Hip Hop. Jason, un tipo alternativo e punk, rivela di suonare il violoncello e Zeke, uno dei giocatori della squadra di basket, afferma con orgoglio di essere appassionato di pasticceria.
Ad ogni rivelazione, i compagni rispondono cantando:
“No! Stick to the stuff you know! If you wanna be cool follow one simple rule, don’t mess with the flow, you know…Stick to the Status Quo!”
Non essere diverso se vuoi essere accettato: e invece tutti i film ci dimostrano il contrario, che si può essere diversi, con passioni contrastanti come quelle di Troy, e non bisogna necessariamente rinunciare a qualcosa che si ama per essere apprezzati o trovare il proprio posto nel mondo. Forse questo è il pizzico in più che non hanno avuto altri musical prima di HSM.
È abbastanza evidente l’insieme di motivazioni per cui un semplice film di Disney Channel riscuota ancora oggi grande consenso e venga ricordato sempre e solo con un sorriso. High School Musical ha segnato una generazione, ha permesso la nascita di altri musical di successo, ha trattato temi complessi con leggerezza e naturalezza.
E ricordate: alla domanda “CHI VINCE?!” esisterà sempre e solo una risposta: WILDCATS!
Va dato sicuramente merito alla capacità degli autori di saper catturare le difficoltà degli adolescenti nel sapersi accettare in tutte le loro sfaccettature e nel non ridurre i personaggi alla caratterizzazione stereotipata tipicamente adolescenziale. Anche io, ai tempi, legai con i personaggi e con la saga per questa dichiarazione di intenti: siate voi stessi.
Dal punto di vista cinematografico però, i 3 film sono veramente deboli. Se nei primi due la trama è abbozzata ma presente, nel terzo i punti deboli diventano evidenti e si fanno sentire soprattutto nella prima metà del film, dove sono presentati personaggi secondari completamente inutili e la trama è inesistente: si susseguono una serie di scene che non hanno una loro funzione narrativa.
Il film si riscatta quando gli autori mostrano la loro sensibilità (e la loro bravura) e fanno quello che sanno fare: raccontare le paure e i timori degli adolescenti, e lo fanno con Troy e la sua indecisione su quale futuro scegliere.
Detto ciò, resta un manifesto di una generazione ancora legata a valori ormai perduti.
Ciao, grazie per il tuo parere! Tuttavia non mi trovi del tutto d’accordo: se sicuramente il primo film presenta una trama un po’ “debole”, dal mio punto di vista secondo e terzo migliorano parecchio. Bisogna comunque partire dall’ordine di idee che le storie alla base sono “semplici”. Il terzo film, poi, punta tutto sulla spettacolarizzazione: un musical all’interno del musical, e credo che visivamente abbia fatto la sua scena.
Forse li guardo con gli occhi dell’amore…ma senza dubbio, come affermi, resta un vero e proprio manifesto!