Ferdinando Sorrentino
Interviste

Il curatore come fa? Spunti e riflessioni. Parla Ferdinando Sorrentino

Tempo di lettura: 6 minuti

Il curatore è una figura professionale “di regia” del mondo dell’arte contemporanea, che esiste da sempre ma di cui pochi sono effettivamente a conoscenza. Per chi legge questo termine per la prima volta è necessario specificare che non si tratta di un medico che utilizza erbe miracolose. Si tratta, bensì, di quella persona che organizza (o dovrebbe organizzare: l’imperativo nel mondo dell’arte odierno è d’obbligo) le mostre d’arte dalla A alla Z: scelta delle opere, degli artisti, dell’allestimento, e tutto ciò che l’organizzazione di un evento artistico comporta.

Questa figura semi sconosciuta – in Italia, quella della curatela non è ancora propriamente riconosciuta dalla legge come una vera e propria professione artistica – opera, in realtà, sin dalla notte dei tempi, ovvero sin da quando alla produzione artistica è stato riconosciuto un valore pubblico. Esisteva un prototipo di curatore nell’antica Roma, così come esisteva nel Medioevo, quando i parroci delle chiese studiavano come esporre le reliquie o oggetti della natura che potessero illustrare l’importanza e la presenza del divino.

Tuttavia, è stato il Novecento il secolo d’oro del curatore artistico il quale, però, dopo un exploit negli anni Novanta, sembra essersi destinato ad un crollo ideologico e professionale non indifferente. Complici, tra l’altro, la multidisciplinarità che questo lavoro comporta e che viene spesso confusa con l’idea che chiunque o laqualunque possa improvvisarsi curatore artistico.

Il curatore come fa? Non c’è nessuno che lo sa (nemmeno nel settore d’appartenenza). Così come per il coccodrillo della famosa canzone, anche il verso del curatore, inteso nel suo lavoro, perplime abbastanza. Per questo motivo Borderlain.it ha intervistato per voi e per tutti un giovane curatore d’arte, le cui dichiarazioni possono aiutare a sviluppare un qualche riflessione al riguardo – o, perché no, ad informarsi su questa mitologica ma fondamentale figura professionale.

Ciao Ferdinando. Potresti spiegare ai nostri lettori, in poche parole, chi è e di cosa si occupa un curatore d’arte?

«Il curatore d’arte si occupa di curare principalmente gli eventi artistici. Di solito, si inizia curando degli eventi sul proprio territorio, per poi passare a varie location, offerte da chiunque chiami. Io sono nato a Napoli ma vivo a Palma Campania, ho due dimore, e ho iniziato a curare eventi a Napoli. Ho iniziato prima con delle location piccolissime, al massimo riuscivo ad arrivare a tre artisti (parliamo di circa tre anni fa); pian piano nel secondo anno gli artisti sono aumentati a dieci, per arrivare a circa 70 oggi. La mia professione è cresciuta di anno in anno, soprattutto grazie alla mia caparbietà. Alla fine è questo che fa un curatore: organizza eventi per e con gli artisti, ma soprattutto dà un contributo al mondo artistico, che purtroppo sappiamo essere abbastanza particolare…non c’è molto da guadagnare economicamente, ma quanto più per la nostra anima.

Il curatore, attenzione, non è un gallerista: non vende le opere, al massimo fa aumentare la visibilità dell’artista. Il più che può fare il curatore, oltre ad organizzare l’evento, è creare una critica d’arte e dare visibilità».

Parlaci del tuo percorso: dalla biografia del tuo sito web si legge che la tua è una formazione d’artista, sfociata poi nel diritto, e infine nella curatela. Come giustifichi questa multidisciplinarità?Essendo, poi, un curatore artista, che rapporto hai con gli artisti? Credi che sarebbe diverso, se non fossi stato così a contatto con il loro mondo?

«Il sito è stato creato prima di tutto per la mia figura come curatore. Ho iniziato il liceo artistico statale di Napoli nel settore dei Beni Culturali e, creando degli eventi a partire già da 16 17 anni, ho iniziato ad esporre le mie opere fotografiche. Tuttavia, dopo il percorso del liceo artistico, sono approdato verso un altro tipo di percorso e un altro tipo di lavoro, quello legale. Nonostante avessi unito due metodologie completamente diverse, alla fine mi sono laureato in Giurisprudenza. Ciò però mi ha aperto agli occhi un mondo del tutto diverso, dove molte volte non si dà importanza al settore artistico. Mi trovavo da solo a fronteggiare degli eventi che tecnicamente non interessavano molto l’ambito legale. Pian piano ho girato la frittata, facendo sì che avvocati e praticanti dei tribunali mi si complimentassero per questo percorso artistico che avevo creato. Ho così creato una sinergia tra aspetto legale e artistico. Sicuramente, poi, il mio studio liceale ha permesso che si creasse una sorta di conoscenza con gli artisti i quali, conoscendomi, apprezzavano e conoscevano già le mie qualità organizzative».

La multidisciplinarità è un aspetto fondamentale per ogni grande curatore d’arte che si rispetti. Non credi che oggi si stia un po’ perdendo la mano, correndo il rischio di trasformare il curatore d’arte in una figura un po’ troppo confusa?

«Oggi, il curatore d’arte non è una vera e propria professione, tecnicamente. È più che altro uno stile di vita che una professione, poiché non c’è tecnicamente un vero guadagno. Oltretutto, molti fanno i curatori e improvvisamente all’interno di una mostra inseriscono delle proprie opere. Io mi estraneo da questa cosa: o si fa il curatore d’arte, o si fa l’artista. Secondo il mio punto di vista, il curatore d’arte non si deve inserire come artista all’interno di una mostra con altri artisti, perché crea una sorta di competizione che non va bene. Il curatore deve dare spazio agli artisti e alla loro visibilità, non può mettersi in primo piano. Però, come ripeto, quella del curatore non è una professione ma uno stile di vita: se lo si facesse solo per soldi, il curatore non andrebbe avanti; ci si fermerebbe a metà tragitto dopo aver investito una barca di soldi a fondo perduto. Gli unici benefici sono la visibilità o il denaro di progetti comunali o regionali per la realizzazione di eventi importanti. È una prestazione occasionale, vista in termini strettamente commerciali: ecco perché il curatore deve avere innanzitutto sentimento e voglia di creare qualcosa di bello che possa restare nella storia, e che faccia breccia nel cuore degli artisti».

Nel contesto attuale si sente spesso dire che il curatore d’arte è una figura destinata a scomparire. Cosa ne pensi? E cosa consiglieresti a chi desidera muovere i primi passi in questa particolare professione?

«Con rammarico, devo ammettere che questa professione sta scomparendo, anche perché credo che per fare questo lavoro ci sia bisogno di una forte spinta economica, il che non dà tanto spazio anche a coloro che si laureano direttamente in questo percorso. Io credo che la laurea abbia un valore solo per determinate cose, ma in alcuni contesti non ha alcuna importanza. In questo caso, purtroppo, ci troviamo di fronte ad una realtà particolare dove, per realizzare un evento che sia abbastanza competitivo, si parla di spendere almeno cinquemila euro, e spendere una somma del genere per un neolaureato che muove i primi passi in questo mondo non è sempre possibile. E tale circostanza va ripetuta non una volta, ma almeno una decina, per decollare. Per questo motivo, purtroppo, sono molto negativo: sì, è un mestiere che sta quasi scomparendo, anche perché le persone oggi hanno giustamente altre cose a cui pensare, economicamente parlando.  Perciò non si investe più molto su questo percorso artistico, perché è un investimento che deve durare anni. Siamo ben pochi, ma se si lavora in una maniera pensata si può raggiungere qualcosina. Bisogna cercare i fondi, anche se è sempre molto difficile ottenerli. I tempi sono lunghi e si perde la voglia e la credibilità. A tal proposito, è importante creare delle collaborazioni, al fine di non far spendere soldi a chi vuole iniziare questo percorso. Ma altrimenti credo sia un mestiere che andrà completamente a perdersi».

Parliamo dell’era post-Covid. Come pensi che possa cambiare, in meglio o in peggio, il mondo dell’arte e delle mostre? Credi che i progetti espositivi online possano continuare ad avere un proprio spazio in questo mondo?

«Il Covid purtroppo è stato un blocco per tutti. Tuttavia, credo che continuare a fare mostre online non abbia un grande valore; però diciamo che almeno hanno permesso di non spezzare il filone artistico che era stato programmato. Io credo che ammirare un’opera da uno schermo sia completamente inutile, credo che le opere debbano essere valutate e debbano suscitare una sensazione direttamente da vicino. Vedendo da vicino l’opera, si può percepire anche l’animo dell’artista, cosa impossibile da capire davanti ad uno schermo. Anche l’odore è molto importante: può condurre al pensiero, a capire il luogo in cui l’opera si trovava. All’inizio della mia carriera sono andato in diverse botteghe per capire il lavoro degli artisti, e in ogni bottega sentivo un odore diverso: del colore, della tela, e così via. Credo che il computer, almeno su questo, non debba essere menzionato, quindi non ritengo puri questi percorsi online. Però, una nota positiva c’è, perché spesso fanno ammirare le opere e spesso fanno venire voglia di andarle ad ammirare di persona. Con il post-covid, stanno riaprendo pian piano tutti: se si misurano tutte le ottemperanze credo comunque che si possa tornare alla normalità, anche se magari non ci sarà un enorme afflusso nell’immediato».

Puoi darci qualche accenno sui tuoi progetti futuri? Su cosa virerà di più il tuo interesse?

«Proprio adesso ho terminato un progetto artistico – le panchine artistiche – a Casalnuovo di Napoli. Abbiamo creato sei panchine artistiche con il tema particolare della sartoria, professione di questo piccolo comune napoletano.

Al percorso delle sei panchine, ne è stata aggiunta una settima, inaugurata all’interno di un nuovo parco e intitolata al sindaco pescatore.  Il sindaco pescatore era il sindaco di Acciaroli (piccolo comune campano della provincia di Salerno, n.d.r.), che nel 2009 fu ucciso dalla camorra perché “sapeva troppo”.  Si è voluto dare importanza al suo luogo di nascita con le barche a fare da sfondo: 7 barche per i 7 colpi ricevuti che ne hanno causato la morte. Si tratta del mio ultimo progetto estivo, dopo l’estemporanea d’arte, evento tenutosi in piazza a Palma Campania.

Da quando è iniziato il Covid non ci siamo fermati: con la speranza di tornare forse a dicembre, proseguiamo con queste forme artistiche per offrire sempre maggiore visibilità».

Ringraziamo Ferdinando Sorrentino per la sua disponibilità, e chiediamo ai lettori di fornirci pareri nel caso di idee o riflessioni riguardo il verso perduto del coccodrillo dell’arte contemporanea.

Sara Maietta
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Sara Maietta
Una vita ascrivibile all'ABCD: aspirante curatrice, bookalcoholic, catalizzatore di dissenso e dadaista senza speranze.