Era il 5 agosto 1981 quando in Italia veniva abolito il matrimonio riparatore, pratica che permetteva di estinguere il reato di stupro se il carnefice sposava la vittima.
Lo stupro infatti, fino al 1996, veniva considerato un reato contro la morale e non contro la persona. Era considerato una vergogna, un disonore per la vittima e per la famiglia. Il matrimonio riparatore era un modo per “rimediare” a questa infamia.
La prima donna a dire di no
Si chiama Franca Viola e nel 1965 disse di no al matrimonio riparatore, diventando così un simbolo dell’emancipazione femminile.
All’epoca Franca si fidanzò con Filippo Melodia, nipote del mafioso Vincenzo Rimi. In quel periodo, Filippo fu arrestato per furto e per appartenenza ad una banda mafiosa e questo portò il padre di Franca a decidere di interrompere il fidanzamento. Per questa decisione la famiglia Viola iniziò a subire minacce e intimidazioni.
Fino a quando, il 26 dicembre 1965, Franca fu rapita insieme a suo fratello Mariano – il quale venne rilasciato poco dopo – da Melodia, complice l’aiuto di suoi dodici amici.
Per otto giorni Franca fu tenuta prigioniera e in questo lasso di tempo subì violenze sessuali, fu picchiata e lasciata a digiuno. Il giorno di Capodanno il padre di Franca venne contattato dai Melodia che volevano ottenere un incontro per far accettare le nozze dei due giovani ai genitori di lei.
I genitori di Franca, insieme alla polizia, finsero di accettare il matrimonio riparatore e il giorno dopo la polizia fece irruzione nell’abitazione dove Franca era tenuta prigioniera e arrestarono i rapitori.
Il processo
Al tempo un evento di questo tipo veniva considerato una vergogna per la ragazza, perché sarebbe stata vista come una “donna svergognata”, rimanendo così “zitella”. Per questo motivo, veniva costretta ad accettare il matrimonio riparatore.
Una risposta come quella di Franca, quindi, fu una vera e propria rivoluzione che però ebbe delle conseguenze.
Durante il processo, infatti, la difesa cercò di dare la colpa alla ragazza. Affermarono che Franca fosse d’accordo con questa “fuga d’amore”, la cosiddetta “fuitina“. Un gesto che aveva l’obiettivo di ottenere il consenso per le nozze e che il rifiuto della famiglia era dovuto per la scelta del marito.
I tentativi della difesa di incolpare Franca furono vani, in quanto Filippo Melodia fu condannato nel 1966 a 11 anni di carcere, ridotti l’anno seguente a 10 anni con l’aggiunta di 2 di soggiorno obbligato vicino Modena. Furono condannati anche sette complici a 5 anni e 2 mesi.
Nel 1976 Melodia uscì dal carcere e fu ucciso nel 1978 da ignoti.
La storia si fa soprattutto con i “no”
Quello che Franca Viola ha fatto nel 1965 è stato inusuale. Dire di no non era contemplato. Opporsi non solo a quella che era una legge scritta, ma anche una norma sociale era raro. Ma Franca, grazie anche al sostegno della famiglia, ha scelto di essere libera fin dal primo momento. E ha continuato a lottare per la sua libertà anche quando le persone hanno cercato di screditarla.
«Non fu un gesto coraggioso. Ho fatto solo quello che mi sentivo di fare, come farebbe oggi una qualsiasi donna: ho ascoltato il mio cuore, il resto è venuto da sé.»
(Franca Viola intervistata da Riccardo Vescovo)
Il “no” di Franca ha portato, molto tempo dopo, all’abolizione del matrimonio riparatore con la legge 442 del 1981, mettendo così fine a una pratica che costringeva le vittime a vivere col proprio carnefice.
Da allora sono passati solo 39 anni e ancora oggi si colpevolizza chi subisce una violenza sessuale. Continua a persistere una cultura e società patriarcale e maschilista che preferisce proteggere chi mette in atto la violenza, invece di chi la subisce. Si continua a non tutelare le vittime.
La strada per una vera e propria libertà per tutte le persone è ancora lunga.